I “VELI” di Vito Noto: simulazioni spaziali in 3D
Volendo spostare un passo avanti la provocazione di Magritte potremmo dire che le opere del designer Vito Noto esposte nel suo giardino “non sono quadri”. Pure se esposti uno vicino all’altro, i “VELI” di Noto possiedono una loro particolare solidità e concretezza espressiva. I reticoli di linee colorate, disposte su un piano nero opaco opportunamente sagomato, potrebbero essere più propriamente descritte come sculture bidimensionali, le quali, grazie a un complesso gioco optical rimandano a una tridimensionalità solo suggerita.
Non so se esistano già nel mondo dell’arte casi di sculture “trompe l’oeil” ma (usando anche un briciolo di senso dello humor) potremmo dire che queste quasi sicuramente lo sono. E se si chiede al loro artefice qualche spiegazione sulla loro origine, si scoprirà un curioso esempio di “conceptual continuity”, quel principio guida che il musicista americano Frank Zappa metteva alla base della sua produzione artistica.
I primi reticolati colorati, Noto aveva cominciato ad abbozzarli, con la riga “a T” sul tavolo quadrato della cucina, alla fine degli anni 70 del 900. Da allora, a intervalli decennali è tornato a rinnovarne il concetto utilizzando di volta in volta i nuovi ritrovati della tecnica grafica: passato al digitale, il disegno si è fatto sempre più preciso e complesso, fino a dar luogo a forme astratte ma contemporaneamente molto concrete, evocative di spazi, movimenti, prospettive.
I “non quadri” del designer Vito Noto che vedete li, sono quindi il risultato di un’elaborazione approfondita, durata decenni, che si è esercitata sulla grafica, ma anche sui materiali che la costituiscono, sugli inchiostri che la disegnano e poi anche sui processi di stampa e di fabbricazione finali. Esattamente come succede nel suo lavoro, che è l’incontro felice di idee e di necessità concrete. Esattamente come nella scultura, che è un dialogo tra immagine e materia.
Alessandro Zanoli
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